Il 3 agosto 1838, Pietro Calà Ulloa così scrive al ministro della Giustizia Parisio: La venalità e la sommessione ai potenti ha lordato le toghe di uomini posti nei più alti uffici della magistratura. Non vi ha impiegato che non sia prostrato al cenno ed al capriccio di un prepotente e che non abbia pensato al tempo stesso a trar profitto dal suo Uffizio. Questa generale corruzione ha fatto ricorrere il popolo a rimedii oltremodo strani e pericolosi. Vi ha in molti paesi delle Fratellanze, specie di sette che dicono partiti, senza colore o scopo politico, senza riunione, senz'altro legame che quello della dipendenza da un capo, che qui è un possidente, là un arciprete. Una cassa comune sovviene ai bisogni, ora di esonerare un funzionario, ora di difenderlo, ora di proteggere un imputato, ora di incolpare un innocente. Sono tante specie di piccoli Governi nel Governo. Il popolo è venuto a tacita convenzione con i rei. Come accadono i furti, escono i mediatori ad offrire transazione pel recuperamento degli oggetti involati. Il numero di tali accordi è infinito. Molti possidenti perciò hanno creduto meglio divenire oppressori, e s'iscrivono nei partiti.