DA SAN LUCA A DUISBURG Che cosa c’è dietro la faida esportata in Germania
Con il monopolio del traffi co europeo di cocaina e un business complessivo di trentasei milioni di euro, ha ormai sostituito la mafi a come gruppo criminale più potente e cruento d’Italia.

FABRIZIA BAGOZZI

Come ha pensosamente dichiarato il prefetto Luigi De Sena, che di ’ndrangheta si intende parecchio, così non era mai successo prima. Quei sei morti ammazzati in un regolamento di conti fra storiche ’ndrine a Duisburg, molto fuori dal perimetro di casa (della Calabria, di san Luca) è insieme vendetta, esibizione di potenza, delirio di onnipotenza.
Dice di una faida trentennale e di una famiglia, i Strangio-Nirta, che, decidendo la strage per vendicare l’assassinio di Maria Strangio, la moglie del loro capo uccisa a Natale dal clan rivale Pelle-Vottari, fa saltare equilibri consolidati e viola un patto tacito all’interno della ’ndrangheta, per cui la Germania – come altri paesi del Nord Europa – è luogo di investimenti e non di guerre. E fa sapere a tutti che è lei a comandare, che il traffico di droga è cosa sua. Parla di un salto di qualità anche nell’arroganza e nell’esibizione di potenza militare che in queste ore molti temono possa portare all’allargamento della sanguinosa guerra fra cosche che ha come epicentro san Luca. E non solo perché le altre ’ndrine potrebbero essere indotte a schierarsi da una parte o dall’altra.
Ma proprio perché il gesto scardina equilibri mai messi in discussione.
Commenta Antonio Nicaso, giornalista esperto di ’ndrangheta che insieme al pm Nicola Gratteri ha scritto Fratelli di sangue (Luigi Pellegrini editore): «Le ’ndrine che da anni investono in Germania e che per questo hanno sempre lavorato sottotraccia evitando azioni eclatanti saranno furibonde e reagiranno.
Non è detto che lo facciano direttamente loro con le armi. Potrebbero anche solo fare molta pressione sulle famiglie di san Luca per ché il gesto venga in qualche modo sanzionato ».
Ma la strage di Duisburg mostra anche, una volta per tutte, che la ’ndrangheta è tutto fuorché quella versione agrostracciona di Cosa nostra che vivacchia sul pizzo e sui sequestri di persona, ma una holding criminale internazionale che Cosa nostra l’ha superata da tempo e che detta legge in più di un traffico illecito. In silenzio e del silenzio che l’ha circondata – la ’ndrangheta non fa notizia – ha approfittato dello spazio lasciato in parte sguarnito dalla mafia siciliana con la progressiva cattura dei boss di prima linea e oggi detiene il monopolio del traffico di cocaina in Europa, che infatti ha il suo centro strategico proprio nella Locride. «Controlla ogni cosa, ha rapporti diretti con i narcos colombiani, è addirittura arrivata a produrre da sé la cocaina – spiega Nicaso – grazie ai rapporti che intrattiene con le Autodefensas Unidas de Colombia, il braccio armato del narcotraffico colombiano ». I trafficanti internazionali la preferiscono alla mafia siciliana «perché i membri delle ’ndrine non parlano, non si pentono e questo garantisce». E non si pentono perché, a differenza di Cosa nostra, «centrata sulle amicizie funzionali, le “famiglie” calabresi sono famiglie davvero: i membri sono tutti consanguinei e in quel contesto antropologico è molto più difficile tradire un congiunto che un amico. Per questo ci sono pochisissimi pentiti nella ’ndrangheta che è davvero una società molto poco penetrabile». Ma oltre la droga (una grossa fetta del business è anche costituita dall’eroina), la ’ndrangheta traffica in armi, rifiuti, materiale radioattivo e, come già Cosa nostra, ha da tempo imparato a penetrare nei più importanti circuiti dell’economia illegale. Nel marzo 2000 un’indagine ha individuato un business di decine di milioni di euro relativo a falsificazioni di garanzie bancarie, clonazione di titoli e truffe ai danni di alcuni istituti di credito internazionali. Ma ha fatto il salto anche sul versante del riciclaggio e degli investimenti nell’economia legale: con le pizzerie in Germania, dove ne controlla oltre trecento, con i ristoranti in Belgio e nei Balcani, con l’agroalimentare e il turismo in Italia. E in Calabria, il territorio che controlla in modo capillare e rigorosamente orizzontale, i suoi affari – riferisce il Sisde – riguardano soprattutto i lavori stradali (in particolare l’ammodernamento della Salerno-ReggioCalabria e della Trasversale delle Serre) e la sanità, «dove i forti interessi non si manifestano solo nel semplice condizionamento degli appalti realtivi a specifici servizi o forniture ma puntano a un’infiltrazione/occupazione delle strutture amministrative per un intervento diretto e gestonale».
Il giro d’affari complessivo ammonta a più di trentasei milioni di euro, il 3,4% del Pil dell’Italia, da solo un terzo di quello realizzato dalle quattro organizzazioni criminali che si calcola complessivamente attorno al 9,5% del Pil. «La svolta vera è datata, risale agli anni ’70, quando la ’ndrangheta entrò in contatto con la massoneria, le logge deviate e cominciò a fare politica direttamente. Nel tempo l’organizzazione è cresciuta e ora ha superato Cosa nostra», rileva Nicaso. Gli fa eco il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso: «Siamo di fronte a una realtà che ha assunto un grande potere economico che spesso viene a contatto con le amministrazioni, con la politica». Come si può battere? «La sconfitta definitiva – dice Nicaso – è auspicabile ma ci si può arrivare costruendo una politica che sia di prospettiva e che non reagisca solo sulla base delle emergenze. Come invece è andata finora».

Europa - 17 agosto 2007